venerdì 31 marzo 2017

Breve storia dell'intelligence italiana

di Gianandrea Garino

Ho avuto la possibilità lo scorso giovedì 30 marzo di poter partecipare ad un interessante convegno sul tema “I Carabinieri & il sevizio di Intelligence” presso la prestigiosa sede del Museo Storico dell’Arma in Roma, per noi epigoni di Ian Fleming, l’occasione era imperdibile.  A dire il vero per poter illustrare efficacemente l’argomento sarebbero occorsi alcuni giorni di seminario ma i relatori con il poco tempo a disposizione sono riusciti a fare un excursus esaustivo ed affascinante.
Sin dalle sue origini, parliamo oramai di 2 secoli fa, l’Arma consentiva al proprio personale di poter operare in borghese per lo svolgimento di indagini particolarmente delicate, cosa non consentita ad esempio ai militari della Gendarmeria Francese. Ci si poteva addirittura radere i baffi, all’epoca vero e proprio segno d’appartenenza della condizione di militare.  Con l’unità d’Italia, gli Stati Maggiori cominciano a costituire il primo embrione di un ufficio per la raccolta delle informazioni d’interesse strategico per la nazione ma la vera e propria svolta avviene con lo scoppio del primo conflitto mondiale. In poco tempo, con il contributo di molti ufficiali provenienti dall’Arma si creano i primi uffici incaricati del controspionaggio ma anche della raccolta d’informazioni tramite infiltrazione di agenti nei territori controllati dal nemico. Quest’ultima esigenza si implementerà dopo la ritirata sulla linea del Piave e la conseguente occupazione del territorio da parte del nemico.  L’attività di controspionaggio diventa così importante da sottrarre molti carabinieri al combattimento vero e proprio sul fronte, restano ovviamente i compiti istituzionali di polizia militare e controllo del territorio che tanto contribuiscono a dar loro una forma mentis molto predisposta al cd servizio informazioni.

Dobbiamo aspettare il 1925 per vedere la creazione del SIM (servizio informazioni militari) che raggruppa personale di tutte le forze armate. In quegli anni si raccolgono i frutti dell’esperienza maturata nella grande guerra. Siamo ancora in un ambito prettamente militare dipendente dagli stati maggiori. Il ministero dell’interno procede su una strada parallela anche se i compiti non sono sempre sovrapponibili a quelli del SIM.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e con l’occupazione della Sicilia da parte degli alleati, l’Arma entra in contatto con inglesi e soprattutto con gli americani. Gli alleati affidano ai carabinieri il controllo del territorio, se pensiamo a quello che è successo negli anni recenti in Irak con l’immediato scioglimento del precedente apparato dello stato, ci accorgiamo di quanto sia importante non perdere memoria del passato. Il SIM viene ricostituito quasi subito a Brindisi in territorio liberato dove si trova il governo del Re, gli alleati però creano in seno all’arma il misterioso “battaglione 808” struttura dedicata a spionaggio e controspionaggio dipendente amministrativamente dal Comando Generale ma per l’impiego direttamente dal comando alleato. Al nord in seno alla repubblica sociale alleata dei tedeschi viene creato il SID diretto antagonista della struttura controllata dagli alleati.  Al fine di creare confusione e depistaggi il SID continuerà per tutta la durata della guerra ad usare carta intestata del SIM. Potrebbe sembrare un particolare insignificante, in realtà nel mondo dello spionaggio non è così.
Con la fine della seconda guerra mondiale e le pesanti clausole armistiziali, gli alleati tentano di disperdere uomini e professionalità del “battaglione”, in realtà si sono accorti di quanto i carabinieri siano bravi in questo ambito!  L’ingresso dell’Italia nella Nato fa cadere vincoli e clausole vessatorie, il SIM diventa SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate). Solo nel 1977, con una sorprendente maggioranza trasversale in parlamento, vedremo i servizi di intelligence (militari e civili) passare direttamente sotto l’autorità di governo prima con SISMI e SISDE e successivamente con le attuali agenzie AISI e AISE.

Siamo arrivati ai nostri giorni, tempi difficili ed incerti connotati da una forte minaccia terroristica, le attività operative e di analisi prima nettamente separate tendono oggi a sovrapporsi ma la forma mentis dell’arma, polizia ad ordinamento militare fortemente radicata sul territorio nazionale che gode della fiducia della popolazione rimane sempre efficace. I recenti attentati in altri paesi europei infatti hanno messo in luce una difficoltà di comunicazione tra servizi d’intelligence e forze di polizia. Chissà cosa avrebbe pensato Ian Fleming di tutto ciò.     
  

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